1. Un volume su de Gasperi
È
stata pubblicata da poco una importante biografia politica di Alcide De Gasperi (1881-1954), scritta da Piero Craveri, storico e docente all’Università degli Studi Suor Orsola Benincasa di Napoli
(1).
Si tratta di un’opera corposa, di oltre seicento pagine, frutto di un ingente lavoro di archivio e di molte letture, che inevitabilmente condizionerà per molti anni gli studi sul personaggio e sul suo periodo storico e che meriterà attenzione meno episodica.
Tuttavia, vi sono alcune affermazioni nel testo, relative a personaggi e a prese di posizione dell’epoca, che mi hanno suggerito alcune riflessioni «a caldo», che mi portano a sostenere opinioni molto diverse da quelle di Craveri.
A p. 545 Craveri definisce Luigi Gedda (1902-2000) «uomo di nessuna finezza politica e attitudine per la vita democratica» e mero esecutore delle decisioni di una «consorteria curiale», che voleva, nel 1952, in occasione della cosiddetta «operazione Sturzo» — cioè del tentativo di presentare, in occasione delle elezioni comunali di Roma, una lista anticomunista senza simboli di partito composta da democristiani, monarchici e missini, di cui il fondatore del Partito Popolare, Luigi Sturzo (1871-1959), sarebbe stato la bandiera — ma anche in altre circostanze, costituire accanto alla Dc un partito cattolico d’indirizzo conservatore oppure sostituirla con periodiche liste elettorali non partitiche opposte a quelle socialcomuniste.
Quattro pagine più avanti, Craveri plaude al fallimento dell’«operazione Sturzo» e sostiene la tesi che il movimento politico dei cattolici fosse da cinquant’anni anni molto più avanti rispetto alla gerarchia della Chiesa «nel rapporto con la realtà sociale, politica e culturale, maturato in autonomia sul terreno della democrazia». Viene da sorridere, pensando che forse la Dc era troppo avanti, vista la fine che ha fatto dopo la rimozione del Muro di Berlino — e non sto pensando a «Tangentopoli», ma alla sua inutilità nello scenario post-comunista —, mentre la gerarchia della Chiesa è non solo viva e vegeta — questa è una promessa divina — ma ha rilanciato la propria presenza nel mondo attraverso una nuova evangelizzazione, che la rende protagonista della storia del terzo millennio cristiano.
2. Luigi Gedda, il «partito romano» e la Dc
Ma non è questo quello di cui vorrei scrivere. Mi piacerebbe invece riuscire a chiarire almeno un po’ l’antica questione riguardante i rapporti fra Luigi Gedda e la Dc.
Nel partito democristiano vi era allora una contrapposizione fra un’ala sinistra guidata da Giuseppe Dossetti (1913-1996), forse un po’ integralista — nel senso della pretesa di usare lo Stato per costruire una società più giusta —, molto aperta a una collaborazione, più simile a una concorrenza, a sinistra, e un centro del partito, facente capo a De Gasperi, anticomunista e antifascista, laico e liberale.
AL di fuori di questa contrapposizione e, comunque, con una visione politica diversa rispetto a entrambe queste posizioni, vi era l’Azione Cattolica di Gedda e soprattutto i Comitati Civici, l’organizzazione da lui fondata nel 1948 e diretta negli anni 1950 e 1960.
La mancanza di sensibilità politica e democratica di Gedda, che Craveri denuncia, si risolse forse nel rifiuto del seggio senatoriale «sicuro» di Viterbo che la Dc di De Gasperi gli offrì per due volte, ma non altrove. E questo rifiuto di entrare nel partito e di candidarsi gli costò l’accusa, ricorrente ancora oggi, di voler sabotare l’unità politica dei cattolici e di essere un clerico-fascista, perché voleva aprire alle destre. Se si avesse invece la pazienza di studiare quei pochi documenti disponibili — per esempio alcune annate della rivista dei Comitati Civici Collegamento —, ci si renderebbe conto che i Comitati hanno sempre sostenuto la Dc nelle elezioni.
Ma, domando: anche se questo sostegno non vi fosse stato, se fosse nato cioè quel «partito romano», cattolico e conservatore, desiderato da mons. Roberto Ronca (1901-1977) e da molti altri cattolici, ecclesiastici e laici — che fu promotore dell’«operazione Sturzo» —, contrariati e dispiaciuti del progressismo della Dc, che male ci sarebbe stato, per la democrazia e per il mondo cattolico, oltre che per il bene comune del Paese?
Se qualcuno aveva dei dubbi circa questo partito per il timore che potesse favorire il Pci dividendo i cattolici, sarebbe stata una perplessità comprensibile, che sembra abbia avuto lo stesso Pio XII, e di questo si potrebbe discutere.
Viceversa, se il problema era di principio, perché in nome della democrazia e della libertà, cui ci s’ispirava come valori discriminanti, si fece di tutto per impedire che agli elettori cattolici venisse offerta un’alternativa al partito democristiano? Si badi bene: la nascita di un nuovo soggetto politico venne ostacolata in tutti i modi non da chi aveva paura che il Pci diventasse il partito di maggioranza relativa, ma da coloro che rifiutavano «dogmaticamente» un’alleanza di centro-destra.
L’unico esempio di lista cattolica anticomunista aperta alle destre fu quella promossa a Pompei (Napoli) quando era vescovo mons. Ronca, nel 1952, lo stesso anno dell’«operazione Sturzo» a Roma, e fu dedicata al fondatore del santuario, il beato Bartolo Longo (1841-1926): a differenza di Roma, a Pompei la lista Longo vinse le elezioni, scavalcando la Dc e le sinistre rimasero sconfitte. È vero: Pompei non è l’Italia, comunque lì andò così.
3. Luigi Gedda e il mondo cattolico
Ancora oggi il nome di Gedda è impronunciabile in certo mondo cattolico non solo progressista, mentre i più non lo conoscono o lo conoscono male. Viene considerato come una sorta di longa manus del clero, solo perché aveva un rapporto diretto con Papa Pio XII (1939-1958). Per questo è accusato di essere «confessionale» e, soprattutto, di voler favorire l’ingerenza clericale nella misura in cui fosse cresciuto il suo potere.
Anche qui bisogna conoscere e cercare di capire. Il fatto di avere l’appoggio di un Pontefice e di alti prelati non significa di per sé essere clericale. De Gasperi aveva i suoi appoggi presso la Santa Sede — noto è il legame con mons. Giovanni Battista Montini (1897), poi Papa Paolo VI (1963-1977) — e tuttavia viene considerato laico e non confessionale; Dossetti aveva a sua volta non poche amicizie nel clero.
Il fatto è che esisteva una profonda divergenza culturale in seno al mondo cattolico di allora fra chi, come Gedda, voleva combattere il socialcomunismo e opporsi al secolarismo avanzante con tutti i mezzi leciti e possibili e chi, invece, vedeva altre priorità. Le divergenze avrebbero potuto essere ricomposte? Forse sì, tuttavia non andò così e l’astio che ancor oggi ristagna verso chi allora assunse le posizioni dei Comitati Civici continua a stupirmi.
Certamente qualcuno potrebbe obiettare che Gedda e i Comitati difendevano l’Italia cattolica cercando di limitare gli spazi di libertà per le culture e le forze ostili a quest’Italia, soprattutto cercando di salvaguardare i principi morali nella vita pubblica influendo sugli organi dello Stato preposti alla legislazione e all’ordine pubblico. Ma era sbagliato usare questi mezzi contro un Pci che veniva finanziato da uno Stato nemico del nostro Paese? Era sbagliato usare anche le leggi per combattere il laicismo che si insinuava sempre di più nelle pieghe della società italiana?
Certamente sarebbe arrivata una stagione diversa per il mondo cattolico, quella del Concilio Vaticano II e della libertà religiosa, che sarà anche quella in cui i cattolici italiani avrebbero scoperto di essere diventati una minoranza e di dover operare di conseguenza, rinunciando per esempio ai privilegi concessi loro dallo Stato — il che pure, in un Paese quasi totalmente cattolico, ha una sua ragionevolezza.
Anche in questo caso, se abbiamo la pazienza di andare a vedere le carte, scopriamo che Gedda aveva una elevata sensibilità — forse anticipatamente — missionaria, orientata soprattutto a recuperare i «lontani», ad andare a cercare i non più cattolici: questo fu il senso della proposta lanciata dalla sua Azione Cattolica Italiana negli anni 1950 — gli anni «del grande ritorno» — ai comunisti dopo la loro sconfitta il 18 aprile 1948 e all’indomani della scomunica loro inflitta dal Santo Uffizio nel 1949.
L’uomo Gedda, per quanto possa essere criticato — ma va anche studiato —, aveva una sensibilità spiccata in tal senso, che non bisogna dimenticare.