Nota informativa n. 8
gennaio-aprile 1998
L’Istituto per la Storia delle Insorgenze (ISIN) si è costituito
a Milano nel 1995 con lo scopo di studiare e diffondere la conoscenza delle
insorgenze popolari contro-rivoluzionarie manifestatesi in Italia nel periodo
del dominio della Francia rivoluzionaria e di Napoleone Bonaparte (1769-1815).
In particolare, l’attività dell’ISIN consiste:
nella raccolta di materiale bibliografico, iconografico e mediatico
e di qualunque altro genere in relazione alle insorgenze;
nella fornitura di servizi a realtà istituzionali, accademiche,
scolastiche, culturali, ricreative, politiche, mediatiche, sia pubbliche
che private, consistenti in articoli, recensioni, bibliografie, e nell’organizzazione
di convegni di studio, conferenze, tavole rotonde, mostre, sia sul tema
delle insorgenze in generale che in relazione a episodi locali.
L’Istituto ringrazia anticipatamente tutti coloro che vorranno collaborare
all’incremento della conoscenza delle insorgenze, indicando l’esistenza
di materiali relativi a episodi locali esistenti presso archivi pubblici
o privati, biblioteche, emeroteche, come pure segnalando l’uscita di articoli
o altri contributi o altre iniziative (celebrazioni, convegni, seminari)
in tema.
Il Comitato Scientifico dell’ISIN è composto dal dottor Francesco
Mario Àgnoli e dai professori Luigi Prosdocimi, Mauro Ronco, Reynald
Secher, Marco Tangheroni.
Libri editi a cura dell’ISIN e Volumi diffusi dall'ISIN
Vedi nella sezione appropriata
1. Interventi dell’Istituto
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A Moncalieri (Torino) il 12 dicembre 1997, organizzato dal Centro Studi
Storici, Archeologici ed Artistici del Territorio di Moncalieri, si è
tenuta una tavola rotonda/conferenza sul tema "Carlo Tenivelli a 200
anni dalla morte per fucilazione. 1797-1997. (Il dramma di un uomo giusto
nel momento sbagliato)". A nome dell’ISIN ha svolto una delle quattro
relazioni — "Le insorgenze antigiacobine in Piemonte" — il dott.
Marco Albera, corrispondente dell’Istituto da Torino
[Carlo Tenivelli (1754-1797) fu professore di "Umanità e Rettorica"
alle scuole pubbliche di Moncalieri. Storico, poeta e autore della Biografia
Piemontese, venne coinvolto — non si sa se a torto o a ragione — nell’insurrezione
popolare della sua città contro il rincaro dei generi alimentari
conseguente alla crisi economica generale del periodo, che in Piemonte
fu esasperata dalle dure condizioni di pace del Trattato di Cherasco dell’anno
precedente. Fuggito a Torino, venne denunciato da un amico, arrestato e,
dopo un sommario processo, condannato a morte dalle autorità sarde].
-
Il 15 gennaio si è svolto a Milano, presso la sala conferenze del
Liceo "G. B. Montini", organizzato dall’Istituto medesimo e dal Centro
Culturale ISMECC, l’Istituto Superiore Milanese di Educazione e Cultura
Cattolica, l’incontro sul tema Alle origini dell’Italia contemporanea.
Nel corso di esso, il dr. Marco Invernizzi, presidente dell’ISIN, ha svolto
una relazione dal titolo "La Rivoluzione francese e l’Italia: dalle
insorgenze anti-giacobine all’Unità". In precedenza, don Luigi
Negri, docente di teologia all’università Cattolica del Sacro Cuore
di Milano e membro del Consiglio Nazionale di Comunione e Liberazione,
aveva svolto una relazione su "La Rivoluzione francese: profilo e significato
storico e religioso". Presenti oltre 120 persone.
2. Attività dell’Istituto
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Notizia dell’Istituto e del suo convegno nazionale del 26 ottobre 1996
è stata data dal settimanale messinese Marconi, n. 29, 21-11-1997
in un articolo a firma Giuseppe Bonvegna.
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Notizia dell’Istituto — come pure di iniziative storiografiche e commemorative
riguardanti le insorgenze nelle Romagne — è stata data dal Corriere
Cesenate, del 5-7-1997, in un articolo a firma di don Piero Altieri.
3. Notizie e segnalazioni bibliografiche
Andrea da Mosto, Domenico Pizzamano. Un uomo di mare veneziano contro
Napoleone, Editoria Universitaria, Venezia 1997, con ill., pp. 110,
L. 15.000.L’episodio di cui è protagonista il comandante e patrizio
veneto Domenico Pizzamano (1748-1817) — l’abbordaggio e la cattura della
nave da guerra francese entrata di forza nel porto di Venezia il 20 aprile
1797 per provocare la Repubblica Serenissima — è uno dei pochi segni
di resistenza dati dai governi italici contro l’invasione della Francia
repubblicana. Episodio minore — certo non paragonabile, per esempio, alla
pluriennale guerra sostenuta dal Regno di Sardegna sulle Alpi Occidentali
e Marittime — è in ogni modo altamente emblematico e lascia intendere
che, se i governi italiani avessero opposto una resistenza coordinata contro
l’invasione, forse la storia italiana avrebbe preso un’altra piega.
4. Libri e articoli ricevuti
AA. VV., Arcole nella storia napoleonica, atti del convegno
omonimo (Arcole [Verona], 15-11-1986), a cura di Giancarlo Volpato, Comune
di Arcole, Arcole (Verona) 1987.
AA. VV., La provincia veronese e Arcole nella storia e nella cultura
dell’età napoleonica, atti del convegno omonimo (Arcole [Verona],
15 e 16-11-1996), a cura di Giancarlo Volpato, Comitato per il Bicentenario
della battaglia di Arcole, Arcole (Verona) 1997.
AA. VV., Dai Dogi agli Imperatori. La fine della Repubblica tra Storia
e Mito, catalogo della mostra omonima (Venezia, 14-9-1997/6-1-1998),
Electa, Milano 1997.
AA. VV., La rivoluzione francese e i suoi riflessi a Brescia dal
1797 al 1815, catalogo della mostra omonima patrocinata dall’Assessorato
alla Cultura e dalla Direzione dei Civici Musei d’Arte e di Storia del
Comune di Brescia (Brescia, 18-5/20-6-1989), Squassina, Brescia 1989.
AA. VV., Il Leone sfregiato. Gli avvenimenti sacilesi nell’anno della
caduta della Repubblica di Venezia, catalogo della mostra omonima,
a cura di Nino Roman, patrocinata dall’Assessorato alla Cultura della Città
di Sacile e dall’Assessorato alla Cultura della Provincia di Pordenone
(Sacile [Pordenone], 18-10/2-11-1997), Sartor, Pordenone 1997.
Luciano Faverzani, Sulle ruine del dispotismo. Diari, memorie, autobiografie
a Brescia (1796-1799), Assessorato alla Cultura e Direzione dei Civici
Musei d’Arte e di Storia del Comune di Brescia, Brescia 1995.
Luigi Iannone, Il 1799 in Terra di Lavoro. Storia, storiografia e
controrivoluzione, De Frede, Napoli 1997.
Lino Lucchini, Giuliana Robazzi, 1796. Napoleone a Lonato, Fondazione
Civiltà Bresciana-Comune di Lonato, Squassina, Brescia 1996.
Ottorino Morra, Studi storici su Tolfa, a cura di Eugenio Bottacci,
Comunità Montana III Zona del Lazio "Monti della Tolfa", Allumiere
(Roma) 1996 [Il volume contiene la ristampa anastatica dei saggi di Ottorino
Morra (1906-1977) L’insorgenza antifrancese di Tolfa durante la Repubblica
romana del 1798-99 (Cremonese, Roma 1942); La Madonna della Sughera
(Tipografia del Babuino, Roma 1954); Rinascita di un Santuario mariano:
la chiesa di Cibona risorge. Brevi cenni storici (Istituti Riuniti
"Santa Rita da Cascia", Roma 1965); La chiesa collegiata di Tolfa negl’inediti
scritti di Alessandro Bartoli (Miscellanea della Società Romana
di Storia Patria, Roma 1973); Nel mondo ecclesiastico del sette-ottocento:
i Buttaoni (Staderini, Pomezia (Roma) 1977)].
Rivista Italiana di Studi Napoleonici. A cura del Centro Nazionale
di Studi Napoleonici e di Storia dell’Elba Portoferraio, n. II, anno
XXXI (nuova serie), Giardini Editori, Pisa 1994 (1997).
Angelantonio Spagnoletti, Storia del Regno delle Due Sicilie,
il Mulino, Bologna 1997.
* * *
Riceviamo e volentieri pubblichiamo questa lettera-riflessione del dott.
Sandro Totti, medico in Ancona ed esponente del comitato per le celebrazioni
del bicentenario dell’insorgenza di Servigliano (Ascoli Piceno).
IL RICORDO E IL PERDONO
Servigliano, piccolo centro del fermano, noto agli architetti
come esempio di "civitas perfecta", cioè edificata
tutta in una volta, conosceva bene la vicenda della sua costruzione: nella
seconda metà del 1700 il paese vecchio franò irreparabilmente
e il pontefice Clemente XIV ne volle la ricostruzione secondo il progetto
dell'architetto Bracci. Le abitazioni popolari furono uno dei primi modelli
di "case a riscatto" in quanto assegnate dietro modica obbligazione: fu
un’operazione di "buon governo pontificio", per cui il paese assunse il
nome riconoscente di Castel Clementíno, mutato poi nell'antico
nome dopo la conquista piemontese delle Marche da parte del generale Cialdini
vincitore a Castelfidardo nel 1860. Quasi del tutto dimenticati erano invece
il saccheggio l’incendio e la strage che il paese subì alla fine
del 1700, quando Castel Clementino, divenuto quartier generale degli Insorgenti,
fu attaccato all’improvviso da truppe francesi e giacobine. Era il 28 maggio
1799; il parroco dell’epoca accanto ai nomi dei trucidati, annota commosso:
"Supradicta dies fuit amara valde huic misero et infelici Oppido, quod
fuit prorsus depopulatum a perfidis et iniquis Gallis, assocíatís
non paucis eiusdem factionis hominibus, presertim firmanis, a quibus factae
fuerunt victimae homines sequentes [seguono alcuni nomi]". Poche
ore prima, oltre il fiume Tenna in piena, i francesi avevano sorpreso gli
insorgenti e nello scontro era rimasto ucciso Luigi Navarra, giovanissimo
figlio del generale Clemente che cercava di organizzare le truppe popolari,
coraggiose ma piuttosto scoordinate. Una croce, pietosamente posta nel
luogo della battaglia, fu meta di annuali processioni per molto tempo.
Gli anni post-unitari, umbertini e giolittiani trascorsero sonnacchiosi
per il paese; poi vennero la bufera fascista, le vicende belliche, la ricostruzione
e infine la rivoluzione produttiva con la trasformazione di una società
contadino-artigianale in una industriale e dei servizi, consumistica e
secolarizzata. è avvenuta in tutta Italia questa omologazione culturale
per cui giovani e vecchi, uomini e donne, campagnoli e cittadini, ricchi
e meno ricchi, conducono una vita molto simile, tumultuosa e dissipata,
informati di tutto e competenti poco, intimamente persuasi di vivere nel
modo migliore e di essere avviati verso un inarrestabile progresso. Una
vita quasi senza casa perché si vive fuori tutto il giorno
e quando si fa ritorno si è nuovamente trasportati fuori da telefono
e televisione, una vita ove il nuovo rimpiazza il nuovo continuamente e
dove si fa fatica a capire da dove si viene e dove si è diretti.
Il tempo provvidenziale del giubileo invita però alla riflessione
sul senso della vita individuale e delle comunità piccole e grandi.
Chi non sa da dove viene e dove è diretto è una sorta di
vagabondo che finisce per comportarsi come tale tra incertezza e rapina,
mentre chi sa da dove viene e dove è diretto è un viaggiatore;
la sua cultura è diversa.
Se dunque questo è il tempo della riflessione, esso è
anche il tempo della storia.
Si ha l’impressione che termini ora l’epoca delle ideologie che, forse
in buona fede, si credettero salvifiche e si scoprirono sanguinarie, derivazione
non prevista di quell’illuminismo che ebbe l'illusione di fare uscire l’uomo
dallo stato di minorità facendolo guidare solo dalla ragione. Finisce
l’epoca dei grandi stati nazionali e sta davanti a noi la sfida istituzionale:
che assetto dare al mondo? Chi deve guidarlo, gli stati del G7 o l’ONU
e quale ONU? L’attuale o quella dei popoli, indicata dal Santo Padre? E
quali assetti, quali costituzioni, quali abiti per i popoli, per le comunità,
per i corpi intermedi?
E ancora quali i rapporti tra popoli ricchi e organizzati e quelli più
poveri? E quale il modello educativo da proporre ai giovani?
Di fronte a questa prospettiva è giusto rivedere il passato,
almeno quello prossimo, come nipoti che interrogano i nonni con curiosità
mista a rispetto, alla riscoperta delle proprie radici; così fa
il paese di Servigliano la cui breve storia ebbe un esordio così
drammatico quando fu di prepotenza coinvolto in una vicenda che interessò
l’Europa nella sua interezza e che solo ora volge al termine.
Un comitato comunale organizzerà un convegno storico sull’insorgenza
europea e locale e intanto va coordinando una serie di iniziative culturali
tra cui ha trovato posto l’otto dicembre scorso una conferenza di Cleto
Bellucci, arcivescovo emerito di Fermo, dal titolo Il Ricordo e il Perdono.
L’Antico Testamento parla di un Dio che sa perdonare al suo popolo,
anche se esige l’espiazione, e il Nuovo estende il perdono ai nemici e
ai carnefici, all’apostolo che rinnega, e forse anche a quello che tradisce,
al quale sembra venire offerto fino all’ultimo un appiglio al pentimento.
Il perdono esige peraltro la memoria perché ricordare il mal
fatto può diventare saggezza e fedeltà: "il mio peccato
mi sta sempre davanti" dice il salmista.
Ricordare dunque per perdonare e comprendere che il male è sempre
possibile, anche se non finisce mai di stupire questa nostra libertà
di poterlo commettere. Forse la dimenticanza degli orrori passati è
una premessa per quelli futuri, anche se il semplice ricordare non è
sufficiente.
La storia abbonda di violenze e soprusi, ne commisero certamente rivoluzionari
ed insorgenti; una ricerca storica puntigliosa fino alla severità
è segno di civiltà come civile è il perdono. In effetti
perdonare si deve, ma ciò non esime dal ricordare perché
il perdono non è affatto smemoratezza. Se diventa smemorato esso
si sfibra nella noncuranza e diventa ininfluente, mentre se ricercato e
donato è capace di influenzare per sempre la vita.
Si parla di "Etica del futuro" che impone una responsabilità
non limitata al qui e adesso, ma estesa alle generazioni
future alle quali è doveroso lasciare un mondo vivibile e la fruizione
dell’ambiente naturale e delle opere della bellezza e della scienza. Così
deve esistere un’"etica del passato" che ci obbliga a parlare con verità,
se non con indulgenza, di coloro che ci hanno preceduto talora in maniera
esemplare. Di qui la nobiltà della storia e l’esigenza che essa
non sia epopea di vincitori o rivincita di sconfitti ma affettuoso interesse
verso il passato verso il quale non abbiamo debiti di celebrazione ma solo
di ricordo nella verità. Nella Patria che non muore, forse ci sarà
concesso di incontrare quegli uomini; da essi sentire quel che veramente
accadde senza restar confusi per aver parlato avventatamente e giudicato
per sentito dire.
Sandro Totti, presidente del comitato
"Amici di Castel Clementino"
Ancona, domenica 14 dicembre [1997], terza di Avvento.
* * *
Riceviamo anche la seguente precisazione — datata 25-1-1998 — del prof.
Gianfranco Emilio De Paoli di Pavia, che trascriviamo integralmente.
Ho ricevuto la nota N.7 dell’Istituto a cui Ella appartiene. A p. 4
trovo un’osservazione che mi riguarda. Non intendo imbarcarmi in polemiche,
ma desidero rispondere, pregandola di dar cenno delle mie note sul prossimo
numero.
Innanzitutto dirò che non ho inteso dare al brano da Lei citato
una connotazione dispregiativa, ma solo definire la mia diversa posizione
storiografica sul periodo in questione. D’altra parte in questo campo non
mancano giudizi per così dire "ideologici" da cui io ho sempre preso
le distanze, sia da quelli di sinistra che da quelli di destra.
E non vi è dubbio che l’Istituto si ispiri a questi ultimi; basti
leggere le pubblicazioni che sono proposte e la rivendicazione stessa dell’evento
vandeano in nome della "tradizione" che farebbe premio sul principio rivoluzionario.
Ma io rispetto, ripeto, anche queste posizioni che certo non condivido.
E so perfettamente che sono state ribaltate le posizioni di Lumbroso in
chiave appunto legittimistica e non certo risorgimentale (come poi si concilino
queste posizioni con la ricerca di una indefinita "identità nazionale"
da ritrovare, proprio non capisco).
Si dimentica inoltre, per ritornare all’argomento, che nel libro da
me curato, criticato anche dagli ultra-democratici del versante opposto,
che io mi sono occupato al parziale revisionismo della rivolta contadina
di Pavia, mettendo in luce la figura di don Paolo Bianchi e degli altri
trucidati in un’insurrezione che ben chiaramente ha sue giustificazioni
morali e anche politiche.
Quando si cita un libro occorre essere puntuali e precisi.
E magari si potrebbe rilevare che la frase della mia introduzione "giacobini
e legittimisti fanno parte della nostra storia" costituisce un modo nuovo
di intendere quei lontani fatti. Discorso analogo vale anche per la storia
contemporanea, se si vuole finalmente trovare un terreno comune su cui
ricostruire il concetto di nazione senza riaprire nuovi steccati, svalutando
in definitiva il Risorgimento che ebbe le sue basi con l’età napoleonica
nel bene e nel male.
Queste posizioni se non sbaglio, sono quelle del compianto Renzo De
Felice, che appunto studiò l’età giacobina per poi approdare
in quella contemporanea.Tanto Le dovevo.
Cordialmente.
Gianfranco De Paoli
Evitiamo a nostra volta ogni polemica, soprattutto sulle ribadite
considerazioni relative a un asserito orientamento politico dell’Istituto,
che, oltre che "ultra-cattolico" e "legittimista", viene
stavolta accusato di formulare "giudizi [...] "ideologici" [...]
di destra[,nonché di effettuare] la rivendicazione dell’evento
vandeano in nome della "tradizione" [...]". Ci limitiamo a confermare
che l’intento dell’ISIN è scientifico nell’atteggiamento e nella
metodologia con cui conduce la sua ricerca, che non resta viziata da pregiudiziali
ideologiche o politiche. Esso, per altro verso, non è, come lecito,
culturalmente neutro quando si tratta di sottoporre a valutazione il portato
della ricerca. Prendiamo atto che il prof. De Paoli intende rettamente
il giudizio che l’Istituto dà sulle tesi proto-risorgimentalistiche
di Giacomo Lumbroso, mentre tralasciamo invece di soffermarci sulle critiche
di metodo formulateci, che riteniamo senz’altro immotivate. Concordiamo
con il prof. De Paoli anche sull’atteggiamento "revisionistico" e innovativo
con cui occorre accostare il fenomeno dell’Insorgenza, senza escludere
quella della Vandea francese, uno dei primi esempi di genocidio politico
dell’età contemporanea. Riguardo alla svalutazione del Risorgimento,
ci permettiamo infine di osservare che il suo "ridimensionamento" storico
ed emotivo è già in atto ed è a nostro giudizio un
fenomeno inevitabile. Ciò non conduce però obbligatoriamente
a rimettere in discussione lo Stato nazionale, ma solo a riscoprire serenamente
i caratteri della sua genesi e affermazione per fare sì che la sua
rifondazione costituzionale, oggi in atto, avvenga maggiormente in armonia
e in continuità con le radici e con l’ethos pluri-secolari
della nazione italiana.
5. Segnalazioni bibliografiche
AA.VV., Il Mezzogiorno fra ancien régime e Decennio
francese, a cura di Antonio Cestaro e Antonio Lerra, Quaderni della
Rassegna Storica Lucana, n. 1, Edizioni Osanna, Venosa (Potenza) 1992.
AA. VV., Al tocco di campana generale. 1797-1997. Bicentenario della
caduta del Governo Veneto e insorgenze nelle valli Sabbia e Trompia. Atti
del convegno, Nozza di Vestone [Brescia], 10 maggio 1997, a
cura di Alberto Rizzi, Annali della Fondazione Civiltà Bresciana,
n. 11, 1997 [Brescia 1997].
Sandro Prati, I Francesi a Chiari. 1796-1814, con ill., GAM Editrice,
Rudiano (Brescia) 1997
[Il volume pubblica la cronaca redatta dal 1796 al 1814 da Giovanni
Battista Balladore — persona di umile ceto, ma accurato annalista —, intitolata
Zibaldone delli avvenimenti seguiti nel tempo del pasaggio delle truppe
belligerranti in questo paese di Chiari, relativa agli accadimenti,
per lo più passaggi di truppe francesi, cisalpine, austriache e
russe, nella piccola comunità della pianura bresciana, allora al
confine occidentale della Repubblica Serenissima].
Gaspard Monge, Dall’Italia (1796-1798), epistolario, a cura di
Sandro Cardinali e Luigi Pepe, Sellerio, Palermo 1993.
6. Appunti di storia dell’Insorgenza / 7
Pubblichiamo il testo integrale della relazione tenuta dal prof. Sandro
Petrucci dell’ISIN di Macerata in occasione del secondo convegno nazionale
dell’ISIN "Le insorgenze anti-giacobine, il problema dell’identità
nazionale e la "morte della patria". Spunti per la rinascita della "nazione
spontanea"", tenutosi a Milano il 26 ottobre 1997. Il testo è
stato adattato per la stampa e annotato.
L’INSORGENZA DELL’ITALIA CENTRALE NEGLI
ANNI 1797-1798