1. Premessa
Non sono un esperto di Padre Pio da Pietrelcina, ma uno dei tanti suoi devoti. Una devozione antica, anche se purtroppo solo superficiale, cominciata negli anni Settanta del secolo scorso grazie a una delle sue tante figlie spirituali, la signora Nella di Loano, persona dotata di molti doni mistici, che mi aiutò molto nella mia crescita spirituale.
Nel 1980 andai a San Giovanni Rotondo con mia moglie e, nel convento cappuccino dove — dal 1916 fino alla morte — visse padre Pio, conobbi fratel Modestino, che, fra le altre cose, mi fece ascoltare la registrazione di un esorcismo nel quale il diavolo — che è un gran mentitore, ma ogni tanto ci azzecca — diceva che padre Pio era stato il più grande santo della storia della Chiesa, non ricordo se quanto o addirittura di più di san Francesco d’Assisi.
Da allora, la recita del nostro rosario familiare culmina con l’invocazione al grande frate cappuccino, anche se purtroppo, come ho detto, non ebbi l’opportunità di approfondirne la conoscenza. Quando sono tornato a San Giovanni, l’anno scorso, invitato da padre Gianluigi Pasquale, uno dei più profondi studiosi del santo, ho avuto la lieta sorpresa di ritrovare questa figura straordinaria, appunto fratel Modestino, sempre al suo posto, autentico custode del santuario e della memoria del grande santo.
Quindi non vi parlerò di lui, né del recente libro di Antonio Socci (1) su di lui, anche perché mi sembra brutto sostituire la lettura personale con l’ascolto della presentazione fatta da chi non ha scritto il libro.
Quello che tenterò di fare è collocare la figura di padre Pio nella storia di un secolo, il Novecento, che ha visto la presenza di santi così grandi ed è stato ricco di avvenimenti soprannaturali ed ecclesiali assai importanti, come le apparizioni di Fatima del 1917 e come il Concilio Vaticano II (1962-1965), quasi a compensare la sua perversità (2). Anche perché forse l’unica cosa che lo storico può fare consiste nell’aiutare il prossimo a rendersi conto che la storia non è sempre uguale, anche se si ripete, ossia che esiste una «qualità» della storia, che permette di dire che un secolo è più cattivo di un altro, perché si è allontanato maggiormente da quel senso comune che, se rispettato, permette ai popoli di trovare la pace, relativa ma reale, in questa «valle di lacrime».
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Indubbiamente il Novecento è stato un secolo in cui il male è salito in cattedra, come si dice, cioè ha tentato veramente di prendere possesso di tutti gli spazi che erano occupabili. Un male radicalmente ideologico, che spesso ha visto i diversi mali sorti da diverse ideologie contrapporsi ed entrare in conflitto fra loro, come, per esempio, in quella che è stata chiamata una «guerra civile europea» (3), combattuta dal 1914 al 1945 fra due filiazioni del movimento socialista: quella nazionalista, che ha dato origine al fascismo e al nazionalsocialismo, e quella internazionalista, che ha trovato in Vladimir Lenin (1870-1924) il genio operativo capace di portare il comunismo al potere in Russia e da lì tentare di esportare la Rivoluzione in tutto il mondo.
Un secolo perverso che ha conosciuto l’orrore di due guerre mondiali, ma anche che, dopo il secondo conflitto e dopo la «rivoluzione culturale» del Sessantotto (4), è diventato il tempo della cultura della morte, della droga, dell’aborto, dell’omosessualismo, dell’eutanasia. Un secolo che, quando non uccide, vuole creare la vita anche laddove la natura non lo vede possibile, aprendo, con l’ingegneria genetica, la possibilità all’uomo di sostituirsi al Creatore, padrone e signore della vita.
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Padre Pio si muove in questo tempo, in un’epoca di allontanamento dalla fede, ma anche un tempo di grandi lotte, nel quale la Chiesa non si lascia estromettere dalla vita pubblica delle nazioni occidentali (5) senza resistere e combattere. Il XX secolo è stato un periodo in cui lo scontro fra le due città agostiniane da abituale diventa epocale, e il sangue dei martiri riprende a scorrere ben più copioso di quanto fosse avvenuto nei primi tre secoli del cristianesimo. In questo tipo di battaglia la Chiesa fa scendere in campo i suoi elementi più forti, le «truppe scelte», ossia i penitenti e i mistici, gli uomini e le donne capaci di preghiera assidua e di penitenza profonda. Padre Pio è uno di questi, probabilmente il più grande, senz’altro il più conosciuto. Ma non è l’unico e non sono pochi quelli che nel Novecento con lui accettarono la sfida.
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Noi facciamo fatica a comprendere la natura e la portata di questa sfida, che ha le sue origini in cielo, anche se poi si manifesta nella vita quotidiana. Una sfida che, accanto alle vette mistiche più alte, come nel caso di padre Pio, conosce anche una dimensione «normale», meno elevata: appunto quotidiana. Ci è difficile vedere come Dio si serva delle piccole rinunce — quei «fioretti», che la mia generazione, forse per ultima, ha conosciuto nella sua educazione cristiana infantile —, delle giaculatorie — cioè delle espressioni di amore e di domanda racchiuse in frasi brevi e ripetitive —, nella perenne battaglia spirituale contro le forze del male, come si avvalga del nostro aiuto, modestissimo ma non di meno richiesto. Fra i tanti e diversi meriti padre Pio ha anche quello di ricondurre a questo livello «teologico» ogni battaglia storica (6), di farci dunque capire dove e come si vincano le vere battaglie.
Ne esaminerò dunque la vita attraverso tre tappe fondamentali della sua e della nostra storia.
1. Il 1918 e la Grande Guerra
1.1 Le stigmate
Il 20 settembre 1918 padre Pio riceve le stigmate, cioè vengono misteriosamente impresse nel suo corpo le stesse piaghe, alle mani, ai piedi e al costato, inflitte al Signore durante la sua passione. Esse lo accompagneranno per cinquant’anni, fino alla morte.
La persona stigmatizzata è un testimone visibile, in re, della sofferenza del Signore, ma a lui è affidato anche un compito di combattente, nel senso che il suo dolore è reso misticamente efficace nella lotta che Gesù Cristo conduce per salvare le anime dall’eternità dell’inferno. Egli o ella contribuisce così a portare a compimento «quello che manca della Passione di Cristo», secondo l’insegnamento paolino ribadito dell’enciclica sulla riparazione di Papa Pio XI (1922-1939), la Miserentissimus Redemptor (7). Padre Pio parteciperà in modo speciale alla battaglia per la salvezza delle anime, che è un compito che spetta altresì a ogni persona: tutti sono infatti chiamati a rinnegare sé stessi e a seguire Cristo, portando ciascuno la propria croce: il sacrificio di Cristo è stato un sacrificio perfetto, ma Egli ha voluto associarci a esso, cominciando da sua Madre, Maria «corredentrice» (8).
1.2 La Grande Guerra
Il 1918 è l’anno in cui si conclude la guerra forse più gravida di conseguenze nefaste per l’umanità, almeno per i popoli dei Paesi occidentali.
Essa segna la fine di un mondo, in cui la popolazione, ancora dedita in buona parte al lavoro agricolo, viveva all’interno della prospettiva cristiana: le ideologie, che avevano «segnato» la storia dell’Ottocento, erano state assorbite solo da piccole, anche se influenti, minoranze. La Grande Guerra apre invece l’epoca della «nazionalizzazione delle masse» (9), quando le ideologie penetreranno nelle menti e nel cuore di milioni di quei giovani che trascorrono anni interminabili nel fango e nell’amalgama di identità delle trincee e quando tornano a casa alla fine del 1918 sono profondamente cambiati e, dopo l’introduzione del suffragio universale maschile — proprio nel 1918 —, vedono ormai la lotta politica solo in termini di partiti di massa, nazionali e ideologici.
Senza dubbio il passaggio dal mondo agricolo a quello della rivoluzione industriale matura segna un indiscutibile progresso sociale ed economico, di cui alla lunga beneficeranno anche le classi umili, così smentendo la tesi marxista di un capitalismo via via sempre più ostile alle classi lavoratrici, ma questo progresso materiale avrebbe potuto avvenire come sviluppo ordinato, senza l’odio e la violenza che le ideologie portavano con sé.
Infatti, dopo la prima guerra mondiale nasceranno partiti di massa che, per osservare solo la storia italiana, animeranno per un lungo periodo la successiva vita pubblica del nostro Paese: nel 1919 i fasci di combattimento, nazionalisti, e il Partito Popolare Italiano, d’ispirazione cattolica, e nel 1921 il Partito Comunista d’Italia.
Nel 1919 comincerà la lunga e feroce «guerra civile europea», anche a causa della sconsiderata divisione dell’Europa, con la soppressione degli imperi e la nascita di nuovi Stati nazionali sancita nei trattati di Versailles del 1919-1920. In preda al virus del nazionalismo, che ormai orienta la politica di tutti Stati, anche di quelli democratici, l’Europa non ritroverà la pace se non dopo una seconda, ancor più terribile, guerra mondiale e con la sconfitta del nazionalsocialismo tedesco.
Ma anche questa pace sarà di breve durata perché un nuovo virus, il comunismo, che aveva trovato una «patria» nella Russia nel 1917, penetrerà nel cuore del Vecchio Continente grazie ai colpi di Stato, che lo porteranno al potere nei Paesi dell’Europa centrale nel secondo dopoguerra.
2. Il 1948 e… il Sessantotto
Padre Pio non sarà uno spettatore inoperoso della guerra condotta dalle ideologie moderne contro ciò che restava della civiltà cristiana e contro la Chiesa cattolica, che aveva contribuito in modo determinante a edificarla nel mondo.
Quando in Italia, il 18 aprile 1948, trent’anni dopo il 1918, si svolgono elezioni politiche decisive per le sorti della patria, il frate stigmatizzato parteciperà alla battaglia con la preghiera, con la sofferenza e anche con l’autorevole parola, chiedendo preghiere e invitando, in anticipo sull’evento, a ringraziare la Madonna per l’esito dello scontro.
Certamente padre Pio non faceva lo storico, né si occupava di analisi politiche. Non troveremo perciò nel suo epistolario notizie relative all’anomalia di un risultato elettorale che non verrà mai «indossato» dai vincitori, quasi timorosi di rivendicare quanto avevano ottenuto forse più per merito delle tante anime offertesi come vittime, fra queste padre Pio, e dell’ancora forte fibra morale del popolo italiano, che per merito proprio. Ma egli non nascose certamente i propri sentimenti, da italiano e da cattolico attento a quanto accadeva intorno a lui.
Non li nasconderà neppure vent’anni dopo, nell’anno della morte, avvenuta il 23 settembre 1968. Si saprà solo negli anni successivi, vedendone le conseguenze, quanto importante e quanto devastante sia stato l’anno che ha dato nome a un’epoca, appunto il Sessantotto.
Sempre fratel Modestino mi disse che padre Pio aveva offerto la vita contro la moda della minigonna, che proprio in quel tempo cominciava diffondersi anche nel Mezzogiorno, perché vedeva in anticipo i peccati che avrebbe favorito.
Quarant’anni dopo tutto ciò potrebbe far sorridere, vedendo qual è il costume che ormai domina nel modo di vivere degli occidentali, tanto che forse oggi dobbiamo stare attenti a come presentare questo fenomeno, senz’altro cattivo, per non rischiare di essere fraintesi o confusi con un moralismo sterile e antipatico.
Ma il frate beneventano vedeva lontano e alla rivoluzione culturale, allora ai suoi esordi, rispose da par suo, da vero combattente cristiano, gettandosi nella mischia, pagando di persona e dando l’esempio.
Forse, se oggi noi abbiamo conservato un po’ di lucidità e di coraggio per comprendere e denunciare la malizia del processo morboso che ha attaccato l’Occidente e la sua cultura, è grazie ad anime santamente agonistiche come la sua.