a cura dell’Istituto Storico dell’Insorgenza e per l’Identità Nazionale
inserito il 10 maggio 2013
Michele Brambilla
Il Congresso Mariano del 1947 nel magistero del beato card. Alfredo Ildefonso Schuster
Fra il 14 e il 18 maggio del tormentato anno 1947, "mesi che forse non si avranno più nella storia d’Italia" (1), si tenne nella cittadina di Busto Arsizio (Varese) un affollato Congresso Mariano, il primo per Milano con la qualifica di "diocesano", alla presenza dell’arcivescovo ambrosiano, il beato cardinale Alfredo Ildefonso Schuster, O.S.B. (1880; 1929-1954) (2). Si trattò di alcune giornate di riflessione e di preghiera con lo scopo di rilanciare e di rafforzare la devozione alla Madonna nelle popolazioni dell’arcidiocesi di Milano. Dalle giornate di quel maggio prese avvio il fenomeno delle "madonne pellegrine", spesso imputate dalla storiografia sinistrorsa di aver assunto un carattere politico e di aver così contribuito alla sconfitta del Fronte Popolare il 18 aprile 1948.
Busto Arsizio è antico luogo di pellegrinaggio a causa del frequentato santuario di Santa Maria di Piazza. Esso si trova nel punto di raccordo, a settentrione di Milano, fra la celebre Brianza "bianca" e il Varesotto, di altrettanto radicata pietà religiosa. Una sede quindi naturale per un evento religioso di massa, come quelli che in quegli anni il card. Schuster favoriva in nome di una concezione secondo la quale "Dio è il padre comune e tutti gli uomini sono fratelli. Una grande famiglia che si compiaceva di contemplare unita e in festa; da qui il suo favorire manifestazioni religiose popolari" (3). La politica era guardata secondo questo particolare punto di vista: egli "[…] sognava un’Italia unita, libera e forte, da tutti amata e rispettata" (4). Di conseguenza, il comunismo era per l’arcivescovo un problema innanzitutto filosofico e pastorale, con ricadute sociali devastanti perché apportatore di ateismo e divisione nel popolo.
1. La lettera pastorale d’indizione.
Solo chi non conosca, quindi, la speciale ottica del card. Schuster può stupirsi che, nel clima politicamente surriscaldato del 1947, la lettera pastorale d’indizione del congresso mariano abbia avuto come titolo Il grande inno mariano della liturgia ambrosiana (5). Essa fu integralmente dedicata all’analisi dell’inno Mysterium Ecclesiae, che ancora oggi è previsto nei rimi Vespri della VI domenica di Avvento, festività della Divina Maternità di Maria. Una solennità, introdotta nel calendario milanese subito dopo il concilio di Efeso (431), che riassumeva tutta la visione ambrosiana del culto a Maria. Il beato arcivescovo prendeva spesso dal passato più aulico gli spunti per interpretare il presente, o, meglio, per spronare i suoi contemporanei ad essere degni dei propri gloriosi antenati e a non tradire le proprie radici culturali. Un procedimento già utilizzato riguardo alla seconda guerra mondiale, quando, con metafora molto azzeccata, paragonava i soldati nazionalsocialisti tedeschi ai lanzichenecchi e ai barbari che devastarono l’Impero romano (6).
La lettera pastorale fu promulgata il 6 gennaio 1947 e indirizzata al popolo per la Quaresima (23 febbraio). "Il futuro Congresso mariano a Busto Arsizio quasi ci impone il tema di questa lettera pastorale per la Santa Quaresima" (7). L’arcivescovo sceglieva dunque si seguire come filo conduttore le strofe dell’inno Mysterium Ecclesiae, del quale indica, con grande eruzione, anche le caratteristiche lessicografiche ("Nei manoscritti reca comunemente il titolo "De nativitate Domini", ma nel Codice Vaticano 82 è segnato altresì "Hymnus Sanctae Mariae" (8)). Erano particolari cui l’arcivescovo teneva, perché anche tramite queste minuzie si capiva come il cristianesimo fosse una fede radicata nella storia. "Qui "Ecclesiae" sta per "Fidei" in quanto depositaria del tesoro della Rivelazione divina è la Cattolica Chiesa. […] Il Figlio generato oggi dalla Vergine madre è lo stesso Verbo Eterno del Padre Divino" (9).
Considerevole, vista la vicinanza con l’Olocausto, il riferimento agli ebrei: "La pietà moderna — scrive — quasi si disinteressa degli ebrei. Non era così per gli antichi padri, perché la stessa Chiesa Romana ai tempi di Papa Celestino I nel Mosaico di S. Sabina faceva rappresentare: "Ecclesia ex gentibus-Ecclesia ex circumcisione"" (10). Anche i giudei erano chiamati a un destino di unità e felicità con gli altri popoli. Il card. Schuster negli anni 1930 fu tra i prelati che parteciparono a un gruppo di "amici di Israele" che si proponeva di modificare la liturgia del Venerdì Santo. Nel 1938 aveva duramente contestato le leggi razziali fasciste (11).
"Lo scopo che ispirò all’antico Poeta milanese il bel carme mariano che siamo venuti analizzando, è il medesimo che ci ha indotto quest’anno ad indire in Busto Arsizio il Congresso Diocesano in onore della Gran madre di Dio" (12). L’intenzione era quindi eminentemente religiosa.
Tuttavia, veniva ricompresa nelle questioni religiose anche la minaccia comunista, ben descritta subito sotto nell’incombere della "civiltà Slavica con la sua opposizione al romanesimo cattolico",che "[…] domina già sin quasi alle porte di Trieste, tanto che in caso di guerra, quel consorzio di popoli coll’avanzata di una sola giornata potrebbe giungere a Milano" (13). Schuster, ancora il 12 gennaio 1947, lanciò un appello di solidarietà agli esuli istriano-dalmati. "È inutile dire, che Noi facciamo nostra la supplica del venerando pastore di Parenzo e Pola" (14). L’uso del termine "civiltà Slavica" ricorderà forse vagamente quella slavofobia tipicamente milanese, che si manifestò anche nel grido del 1848 "arrivano i croati!", con il popolo slavo preso a emblema di crudeltà, oltre che dell’arbitrio del dominio imperiale sul Lombardo-Veneto, ma qui sta a indicare il luogo geografico in cui il comunismo ha attecchito e lo stratificarsi dell’ideologia su una pregressa ostilità a Roma derivante dalla Chiesa ortodossa. A partire dal 1943 Joseph Stalin (1879-1953) modificò il suo rapporto con le gerarchie ortodosse russe, passando dalla persecuzione aperta all’asservimento. I vescovi ortodossi venivano costretti a diffamare la Chiesa cattolica e fu allora che l’aggettivo "fascista" cominciò a essere affibbiato in generale a tutti coloro che si opponevano al marxismo (15).
Non a caso, nelle raccomandazioni al clero ambrosiano in vista della Settimana Santa, il card. Schuster suggerì ai parroci di rileggere le fonti letterarie che narrano la celebre Pasqua del 386, quando sant’Ambrogio si barricò con i fedeli nelle basiliche allo scopo di impedirne l’esproprio da parte degli eretici ariani (16). Il clima era tale da preannunciare tempesta in ogni caso.
2. La celebrazione del congresso e la Peregrinatio Mariae
Gli atti del Congresso Mariano di Busto Arsizio sono conservati nel volume 1° Congresso Mariano Diocesano di Busto Arsizio 14-18 maggio 1947 (17): da essi attingo per narrare quanto segue.
Come si cominciava a fare da qualche tempo, i momenti liturgici furono preceduti e accompagnati da conferenze teologiche, con relatori di alto livello. Le celebrazioni conclusive (solenne messa e processione) furono presiedute dall’arcivescovo di Milano, con il medesimo successo di popolo che si era verificato due anni prima, a Monza, nel celebre Congresso Eucaristico, in occasione del quale pure le camionette degli Alleati avevano dato un sostegno concreto per aiutare i pellegrini a raggiungere il capoluogo della Brianza.
A Busto Arsizio convennero "mezzo milione d’intervenuti" (18). La politica, come detto, nelle intenzioni del comitato organizzatore, rimaneva sullo sfondo; tuttavia coloro che assistettero all’adunanza di massa dei cattolici chiesero "sono forse le prove generali?", intendendo con ciò l’avvio della campagna elettorale dei partiti cattolici. Il card. Schuster, nei ringraziamenti al comitato promotore per la realizzazione del’evento, sorrise, ma non troppo, dell’equivoco, rispondendo che "[…] è il libero plebiscito d’un popolo che vuole essere libero in una Patria Cristiana e libera" (19).
In cima ai pensieri e agli interventi del cardinale erano le vaste problematiche pastorali che l’arcidiocesi di quegli anni appena successivi alla seconda guerra mondiale contava. La violenza e gli ardori ideologici avevano seriamente intaccato non solo le strutture — case, fabbriche, ecc. —, ma anche l’animo della popolazione. Il comunismo era una voce importante nell’elenco delle necessità pastorali da affrontare, ma veniva letto come conseguenza del generale svuotamento delle anime, soprattutto in alcuni territori della vasta arcidiocesi ambrosiana.
Nel novembre del 1948 la Rivista Diocesana Milanese pubblicava una lettera dell’arcivescovo intitolata significativamente Sulle condizioni religiose del Basso Milanese, in cui il card. Schuster sollecitava un rilancio missionario con toni che anticipano i discorsi attuali sulla nuova evangelizzazione. "Le notizie che mi giungono da diversi Vicariati Foranei, circa le condizioni religiose di parecchie parrocchie del Basso Milanese, mi riempiono di tristezza e timore. "Guai a me, se non evangelizzo". Le condizioni economiche di queste zone, il carattere nomade di moltissime famiglie e l’estesa propaganda rossa che ha rappresentato la Chiesa ed i preti siccome il nemico n. 2 degli operai e dei salariati, sono riusciti d alienare buona parte della massa dalle pratiche religiose, mentre pur protestano di voler serbare fede a Gesù Cristo. Sta però il fatto, che in molti luoghi le antiche Confraternite, le pie Associazioni e le diverse branche dell’Azione Cattolica esistono al più nei quadri […]; gli oratori per i fanciulli non esistono, o sono deserti, mentre i sacerdoti troppo spesso si riservano la parte di Geremia, assiso e piangente sulla rovina di Sion" (20).
La cosiddetta "Bassa Milanese", una lunga fascia di territori agricoli a meridione di Milano, presentava problemi specifici già rilevati nelle visite pastorali degli anni 1930. Era composta da paesi talvolta piccoli, con cascine spesso molto distanti dal nucleo centrale dell’abitato, mal collegati con la metropoli e abitati da contadini e fittavoli, i cui rapporti lavorativi poco erano cambiati dalla situazione riscontrabile alla fine dell’Ottocento. La secolarizzazione era però palpabile anche nelle grandi aree urbane: Schuster la riconduce innanzitutto al cattivo esempio delle nazioni protestanti, condotte all’apostasia da errori filosofici che precedono lo stesso comunismo. "È un morbo che è giunto a noi dall’America e dai Paesi protestanti, dove, in grazia del soggettivismo filosofico e religioso vivono e si sviluppano l’una vicina all’altra centinaia di sette Evangeliche" (21). Sono, per inciso, questi gli anni in cui, lentamente, dall’altra parte dell’oceano Atlantico stanno maturando nel pensatore cattolico Plinio Correa de Oliveira (1908-1995) i concetti di "Rivoluzione" e di "Controrivoluzione", nonché della gradualità dei due fenomeni, che egli illustra nel suo classico studio intitolato, appunto, Rivoluzione e Contro-Rivoluzione (22).
I grandi congressi cattolici degli anni 1940 rilanciarono su vasta scala quelli che erano sempre stati i capisaldi della pastorale ambrosiana: sinodi diocesani, visite pastorali, dottrina cristiana, associazionismo laicale, "buona stampa". "Che fare dunque? Disperarsi? Mai più, ma, confidando in Dio, convincersi della gravità dell’ora presente, in vista della quale vanno perciò riveduti ed aggiornati i tradizionali sistemi di vita pastorale" (23). Nei mesi successivi il card. Schuster riformò lo stesso statuto della Federazione degli Oratori Milanesi (FOM) (24). Ogni oratorio, alla sua costituzione, veniva automaticamente aggregato alla FOM (25). Con la nuova configurazione dell’ente, la federazione si trasformava in un organo di rappresentanza e controllo dell’operato degli oratori. Per rendere più efficiente la creazione e la mobilitazione degli oratori, il card. Schuster assimilò le circoscrizioni degli oratori alle "plaghe" (26) dell’Azione Cattolica (AC) e le sottopose al medesimo assistente (27). Oratorio e AC venivano così, di fatto, vincolati l’uno all’altra, in un sistema che crollò con il calo verticale degli iscritti all’AC negli oratori negli anni 1960-1970, ma che sopravvisse a sufficienza nella mentalità delle parrocchie al punto da condizionare l’inserimento dei giovani in altri movimenti.
Oltre a riformare la FOM e a sostenere vigorosamente l’AC, Schuster convocò un sinodo minore del clero ambrosiano che si tenne, significativamente, in via Sant’Antonio n. 5 a Milano, dove tuttora hanno sede la FOM e la stessa AC. Il tema fu ancora una volta catechistico: l’ignoranza circa il mistero dell’eucaristia. Da profondo imitatore di san Carlo Borromeo (1538-1584), arcivescovo di Milano dal 1565, il card. Schuster non fece mancare precise direttive anche in campo liturgico. Chi conosce i gravi abusi commessi negli anni successivi al 1970 stupirà nel leggere che la conferenza delle 14 e 30 del 24 maggio 1947 aveva come titolo Abusi liturgici a danno della pietà eucaristica. Come correggere tale nuova mentalità? (28). In essa si metteva a fuoco un cambiamento di mentalità specifico, anche nei sacerdoti, che causava una deplorevole de-sacralizzazione del rito. Il discorso ci porterebbe però troppo lontano.
All’interno del "pacchetto" di misure varate per affrontare la secolarizzazione, prima ancora che il comunismo, era compresa l’iniziativa delle Madonne pellegrine, ovvero statue della Vergine che pellegrinavano di parrocchia in parrocchia, convogliando la popolazione in manifestazioni che risvegliassero la devozione e segnassero indelebilmente la pastorale di una data località.
L’arcivescovo concepì la Peregrinatio Mariae come una "solenne processione" corale "dell’intera Archidiocesi" (29), che curò nei minimi particolari, come nel modulo che distribuì per l’accettazione o meno di un banda musicale. I brani eseguiti dovevano essere controllati dalla Commissione Diocesana di Musica Sacra. I musicisti s’impegnavano, inoltre, a non partecipare poi a "funerali civili e cortei antireligiosi o rivoluzionari" (30), dando così uno spessore etico alla propria scelta di campo.
3. La reazione comunista
Benché la Peregrinatio Mariae fosse un evento squisitamente religioso, il Partito Comunista Italiano (PCI) non tardò a percepirla come una minaccia politica. Del resto, il magistero dell’arcivescovo di Milano lo chiamava direttamente in causa per l’influenza esercitata sulle masse in senso laicistico. Il card. Schuster era perfettamente al corrente dell’intrinseco connubio fra marxismo e ateismo e che la lotta di classe era frutto di una concezione dell’uomo che aveva come base il materialismo. Lo si vede bene nei discorsi agli operai, in cui l’arcivescovo riconduce tutta la questione alla centralità di Cristo, apportatore dell’etica del Padre Nostro, che sfida sia i comunisti, sia i capitalisti (31). La negazione di Dio conduceva a una falsa etica di morte, che si trasformava essa stessa in un "oppio" che avvelenava i rapporti sociali. "È etico ciò che favorisce questa rivoluzione cruenta, ché ogni altro assioma derivante da principi religiosi è assurdo, essendo "la religione l’oppio dei popoli"" (32). Tutto, per il comunista, diventava giustificabile, se conduceva al fine prefissato.
Il comunismo fu concepito dallo stesso Karl Marx (1818-1883) come una visione dichiaratamente schierata contro ogni spiritualità, etichettata come "sovrastruttura". I cattolici occidentali lo avevano già assaggiato durante la Comune di Parigi del 1870 e poi nella guerra di Spagna del 1936-1939, combattuta anche da tanti italiani. Inoltre, nel 1947 era già avvenuta la prima consacrazione del mondo al Cuore Immacolato di Maria (1942), con la relativa diffusione del messaggio anticomunista delle apparizioni di Fatima del 1917. Spostare la battaglia delle idee sul piano filosofico-religioso diventava molto più insidioso per il comunismo: significava un attacco alle radici, uno smascheramento. Pertanto, il primo obbiettivo del PCI fu di esasperare il carattere di contrapposizione politica delle processioni mariane.
Tuttora, la vulgata che passa anche per i sussidiari scolastici vuole che quelle manifestazioni religiose fossero del tutto strumentali all’appuntamento elettorale del 1948. In realtà, erano anticomuniste in senso lato, cioè nella loro intrinseca realtà di processioni che risvegliavano la pietà popolare e suscitavano conversioni. Inoltre, esse seguirono, nella maggior parte dei casi, il 18 aprile 1948 anziché precederlo come si sostiene erroneamente. Fra le processioni antecedenti alle elezioni vanno sicuramente elencate quelle in territorio milanese avviate dal congresso del 1947, ma il fenomeno era solo parallelo alla campagna elettorale. La Chiesa sostenne sì la Democrazia Cristiana, ma con altri mezzi: i Comitati Civici di Luigi Gedda (1902-2000) (33).
L’arma "pacifica" della propaganda funzionò meglio sul lungo periodo. In quel momento, alcuni comunisti non trovarono niente di meglio per neutralizzare le processioni che compiere atti sacrileghi veri e propri. L’arcidiocesi di Milano ne registrò ben due. Nell’inverno 1947 una mano ignota trafugò le corone della statua della Madonna del Rosario posta sull’altare del transetto sinistro del Duomo. L’episodio non può essere sicuramente ricondotto alle tensioni politiche, ma nel clima di quei mesi rappresentò un fatto che colpì molto l’opinione pubblica cattolica. La cerimonia di riparazione fu presieduta dallo stesso card. Schuster.
Il 31 luglio 1948 il fatto più grave: tale Leonardo Porro lanciò una bomba sul carro che trasportava una Madonna pellegrina da Bareggio a San Pietro all’Olmo, nel nord-ovest del Milanese, causando trenta feriti (34). Un semplice santuario, divenuto nel frattempo parrocchia, conserva ancora oggi la statua mutilata (35). L’effetto di questi attentati fu, ovviamente, quello opposto rispetto ai piani degli attentatori, immemori del celebre assunto di Quinto Settimio Fiorente Tertulliano (155 ca.-230 ca.), secondo il quale il sangue dei martiri è seme di nuovi cristiani. Anziché paralizzare l’apostolato cattolico, l’attentato offrì a esso nuovi e validi argomenti per controbattere l’avversario. L’onda emotiva suscitata dall’orrore per gli attentati contribuì molto di più delle processioni stesse ad allontanare l’opinione pubblica dal PCI.
4. Conclusioni.
Il Congresso Mariano di Busto Arsizio va inquadrato nell’azione dell’arcivescovo card. Schuster in quegli anni, volta a stabilire le basi sulle quali ricostruire il tessuto sociale e di fede dei territori della sua arcidiocesi.
Questo impegno pastorale comprendeva la predicazione anticomunista all’interno di un piano più generale, di carattere meramente spirituale. Il card. Schuster si servì degli esempi del passato glorioso della cristianità per descrivere ai contemporanei gli archetipi dei fatti a cui assistevano, sempre interpretati alla luce della fede.
Che le Madonne pellegrine fossero un mero strumento di propaganda politica anticomunista non è suffragato dalle fonti, le quali le iscrivono invece in un progetto di riconquista cattolica della società che assumeva già i tratti della nuova evangelizzazione.
Furono i comunisti a dedurre, con grande acume, quale minaccia rappresentasse la pietà popolare per la loro propaganda. Le processioni servivano infatti a elevare gli animi e a risvegliare nel popolo le sue radici cristiane. L’etica cattolica del lavoro era in antitesi con le teorie marxiste, perché riconosceva nel creato istanze superne che affratellavano gli uomini al di là del mestiere o del ruolo ricoperto nella società, disinnescando gli odi di classe.
La pratica delle Madonne pellegrine fu attaccata sia verbalmente sia fisicamente e rappresenta ancora oggi uno snodo storiografico controverso. Tale devozione è interpretabile correttamente solo se si valuta senza pregiudizi la posizione cattolica, mossa innanzitutto da un anelito missionario che andava ben oltre la stretta contingenza politica. E solo se si comprende il carattere radicalmente antireligioso del marxismo, che non è rimasto senza effetti in Italia come in Europa.
Michele Brambilla
Note:
(1) Giulio Andreotti, 1947, Rizzoli, Milano 2005, p. 11.
(2) Cfr. 1° Congresso Mariano Diocesano a Busto Arsizio. 14-18 maggio 1947. Documentazioni, Milano 1947.
(3) Monsignor Angelo Majo (1926-2003), Storia della Chiesa ambrosiana, 6 voll., vol. V, p. 60.
(4) [Mons.] Anacleto Cazzaniga (1901-1996), Il Cardinale della pazienza, in Terra ambrosiana, vol. I (1960), pp. 16-20.
(5) Cfr. Il grande inno mariano della liturgia ambrosiana, in Rivista Diocesana Milanese (d’ora in poi RDM), anno XXXVII, n. 2, febbraio 1947, pp. 19-31.
(6) Nel Dictatus populi (22 dicembre 1946), rievocò anche "le antiche glorie del Carroccio, di San Galdino ed i trionfi di Legnano", paragonando così Adolf Hitler (1889-1945) a Federico I Barbarossa (1122-1190).
(7) Il grande inno mariano della liturgia ambrosiana, cit., p. 19.
(8) Ibid.
(9) Ibid., p. 21.
(10) Ibid., p. 27.
(11) Cfr. Guido Zagheni, La Croce e il Fascio, San Paolo, Milano 2006, pp. 232-333.
(12) Il grande inno mariano della liturgia ambrosiana, cit., p. 30.
(13) L’esodo dei Giuliani e una notifica del cardinale, in RDM, anno XXXVII, n. 2, febbraio 1947, p. 40.
(14) Ibidem.
(15) Cfr. Michail Skarovskij, La Croce e il potere. La Chiesa russa sotto Stalin e Chruscev, La casa di Matriona-Fondazione Russia Cristiana, Bergamo 2003.
(16) "Rileggano S. Ambrogio, come descrive egli le Sacre funzioni di quella settimana dell’anno, nella quale sostenne più accanitamente le persecuzioni e l’assedio nella Ecclesia Vetus Laurentiana da parte degli ariani" (Il grande inno mariano della liturgia ambrosiana, cit., p. 31): in quell’occasione la tradizione vuole che siano nati tutti i celebri cantici della Settimana Santa ambrosiana conservati nel Messale Ambrosiano del 1976.
(17) Cfr. 1° Congresso Mariano Diocesano a Busto Arsizio. 14-18 maggio 1947. Documentazioni, cit..
(18) Il Cardinale Schuster a Mons. Galiberti, in RDM, anno XXXVII, n. 6-7, giugno-luglio 1947, p. 130.
(19) Ibidem.
(20) A. I. Schuster, Sulle condizioni religiose del Basso Milanese, in RDM, anno XXXVIII, n. 11, novembre 1948, pp. 195-197.
(21) Idem, Il cammino di Cristo nel nuovo anno, in RDM, anno XXXVII, n. 2, febbraio 1947, p. 36.
(22) Cfr. Massimo Introvigne, Una battaglia nella notte, Sugarco, Milano 2008, pp. 73-79; nonché Plinio Corrêa de Oliveira, Rivoluzione e Contro-Rivoluzione, trad. it., ed. del cinquantenario (1959-2009), presentazione e cura di Giovanni Cantoni, SugarCo Edizioni, Milano 2009.
(23) A. I. Schuster, Il cammino di Cristo nel nuovo anno, cit., p. 37.
(24) Federazione Oratori Milanesi (FOM), Statuto della Federazione Oratori Milanesi, in RDM, anno XXXVII, n. 6-7, giugno-luglio 1947, pp. 141-43.
(25) Cfr. ibid., art. 1.
(26) Si tratta di un suddivisione interna alla regione, che raccoglie i circoli di più parrocchie. Lo statuto attuale (1969) privilegia altre terminologie, come "gruppo", "settori", "Associazione parrocchiale" e "consiglio regionale" (cfr. Guido Formigoni, L’Azione Cattolica Italiana, Ancora, Milano 1988, pp. 167-186).
(27) Cfr. Federazione Oratori Milanesi (FOM), Statuto della Federazione Oratori Milanesi, cit., art. 7.
(28) Cfr. A. I. Schuster, Abusi liturgici a danno della pietà eucaristica. Come correggere tale nuova mentalità?, in RDM, anno XXXVII, n. 10-11, ottobre-novembre 1947, p. 175.
(29) Idem, Per la peregrinatio Mariae SS.mae, in RDM, anno XXXVII, n. 6-7, giugno-luglio 1947, p. 131.
(30) Modulo per i Corpi musicali che intendono far domanda di approvazione all’Autorità ecclesiastica, ibid., p. 130.
(31) Cfr. "È per questo che nell’orazione domenicale supplichiamo tutti insieme dacci oggi il nostro pane quotidiano, mentre, a scanso di equivoci, l’Apostolo Paolo ci avverte però che chi non lavora non mangia" (A. I. Schuster, La parola del Cardinale Schuster alla folla convenuta dalle officine e dai campi, in RDM, anno XXXVII, n. 10-11, ottobre-novembre 1947, p. 177.
(32) Ibid., pp. 176-177.
(33) Cfr., sul tema, Marco Invernizzi, Luigi Gedda e il movimento cattolico in Italia (1902-2000), Sugarco, Milano 2012.
(34) Cfr. monsignor Ennio Apeciti, L’azione pubblica del beato card. Ildefonso Schuster, in M. Invernizzi (a cura di), 18 aprile 1948. L’anomalia italiana, Ares, Milano 2007, pp. 149-218 (p. 218).
(35) "S. Martino (S. Anna) (1959). Bareggio (Milano). Arch. Enrico Villa. Pianta rettangolare m. 42x19. Cemento armato e mattoni a vista […]. L’interno consta di un’unica grande navata spoglia in cui campeggia, dietro l’altare maggiore, la venerata statua della Madonna Pellegrina, mutilata da un attentato dinamitardo nel 1948" (Cecilia De Carli (a cura di), Le nuove chiese della diocesi di Milano 1945-1993, Vita e Pensiero, Milano 1994, p. 155).
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