Daniele Tranchida, ricercatore di storia contemporanea all’Università di Messina è autore o curatore di diversi volumi, fra cui si segnalano
Socialismo russo, tendenze slavofile, populismo, apparso in
Historica. Rivista trimestrale di cultura (anno 44, n. 4, 1991, e anno 45, n. 1, 1992);
La falce contro il martello. Antologia di documenti del partito socialista-rivoluzionario russo nella fase della lotta contro il bolscevismo (1917-1925) (Il Ventaglio, Roma 1992; a cura di);
Pirateria barbaresca e Regno di Napoli negli ultimi decenni del XVIII secolo. 1776-1799 (La Grafica Editoriale, Messina 1995); e
Didattica e mass media. La formazione audiovisiva nella scuola e nell’università (Circolo Cinematografico Kinesis, Messina 2001; a cura di).
In questo lavoro, pubblicato dalla sua università, Tranchida tenta un bilancio dell’ancor giovane stagione della storiografia sul fenomeno delle insorgenze popolari anti-napoleoniche, che in esordio ritiene influenzata in maniera determinante dalle due ricorrenze, quella del 1989 — la Rivoluzione francese — e quella del 1996-1999 — il bicentenario delle repubbliche cosiddette giacobine in Italia e del
revival di studi che vi è stato.
L’Insorgenza è tuttora una questione, sia quanto alla descrizione del fenomeno sia riguardo alla sua interpretazione: troppi pezzi mancano al
puzzle per rendere un’immagine anche solo intuitiva del quadro raffigurato.
Le interpretazioni che potremmo chiamare tradizionali o convenzionali, espresse dalla cultura liberal democratica e nazionalistica nelle loro varie fasi storiche e sfumature ideali e largamente coincidenti con l’«ideologia» dello Stato nazionale instaurato nel 1861-1870, mostrano la corda, mentre stenta ad affermarsi una visione più serena e scevra da emotività ideologica. Non basta l’apporto di studiosi seri, anche di idee diverse, come De Felice o Turi, non serve il dibattito sull’identità nazionale apertosi forse con il rilancio dellla nozione di «morte della patria», né il ripensamento svoltosi sotto i nostri occhi Oltralpe.
I progressi non sono pochi. Dopo la riscoperta del fenomeno da parte della cultura fascista, che con Giacomo Lumbroso (1897-1944), ne tenta un ricupero in chiave proto-nazionalistica, e da parte di quella gramsciana, che pone l’accento sugli aspetti sociali e classisti dei moti, l’Insorgenza, soprattutto nelle aree dove si è storicamente manifestata in forme più consistenti e in maniera più articolata, come a Napoli, in Calabria e in Toscana, conosce una serie di approfondimenti sul piano locale, ma più nel quadro di una riscoperta delle storie delle varie Italie, che non come realtà unitaria e trasversale, che pure è impossibile negare. Così dicasi degli aspetti sociali in senso lato: dal rapporto città/campagna e di quello centro/periferia, a quello economico e al mutamento delle strutture di assistenza e di carità, alle forme di protesta e di ribellismo della società europea di antico regime, alle credenze popolari e dell’area di saldatura fra
folklore e religiosità, dov’è iniziata l’opera pionieristica di un Renzo De Felice (1929-1996) non ancora entrato nella fase «fascista» della sua ricerca storica.
Ma, dopo quest’ampia rassegna delle luci e delle ombre degli ultimi decenni, sia di carattere generale, sia di carattere locale o specifico, Tranchida mette in evidenza come oggi ancora molto resta da fare in termini di acquisizione di elementi fattuali e anche di modelli teorici da sviluppare o da integrare. Fra le aree da presidiare elenca quello delle biografie dei protagonisti, delle modalità d’insurrezione — sempre spontanee? — e di condotta delle operazioni — anche se, per esempio, molto in questo settore hanno giovato i lavori di Sandro Petrucci per l’Italia centrale pontificia e di Virgilio Ilàri per l’Italia giacobina —, degli ambienti sociali e dei circoli culturali dai quali si sprigiona l’insorgenza, così come manca una descrizione del quadro europeo dell’Insorgenza — quello tracciato all’inizio degli anni 1960 da Jacques Godechot (1907-1994) nel suo
La Contre-Révolution. Doctrine et action, necessita di non pochi aggiornamenti e approfondimenti, soprattutto cronologici —, nonché del rapporto fra reazione religiosa e reazione politica, come pure della dinamica dell’azione secolarizzatrice svolta dalla nuova cultura e dai nuovi ordinamenti importati dalla Francia.
Tranchida spezza infine una lancia a favore dell’interpretazione che lega l’Insorgenza alla crisi dell’antico regime e che ne ritrova le origini ben prima del 1789-1796 nella reazione ai processi di trasformazione della società e della cultura in senso moderno che iniziano all’epoca dell’assolutismo illuminato. L’Insorgenza, conclude, è
«un panorama vastissimo, enorme, in attesa di trovare ricercatori e riscontri adeguati. Una pagina non scritta su cui, dopo quasi mezzo secolo di silenzio, le più recenti e accurate ricerche storiche cominciano, solo ora, ad abbozzare paradigmi interpretativi e a porsi domande suggestive e complesse. Domande che sono altrettante tracce problematiche da seguire, ricostruendo i percorsi di una vicenda troppo a lungo sommersa e misconosciuta» (p. 609).
Il lavoro di Tranchida si qualifica e va segnalato come un tentativo «professionale» e libero da schemi, più desideroso di capire che di giudicare — e in questo si mostra migliore per esempio dell’analogo sforzo svolto da Anna Maria Rao e preposto al volume da lei curato
Folle controrivoluzionarie —, di fare un primo rendiconto di quanto si sa oggi su una pagina delle più significative della storia d’Europa.
Oscar Sanguinetti