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a cura dell’Istituto Storico dell’Insorgenza e per l’Identità Nazionale


inserito il 21 febbraio 2009



RECENSIONI


DORIAN MALOVIC, Senza diplomazia, Edizioni San Paolo, Milano 2008, pp. 145.


Il 22 febbraio 2006 Benedetto XVI annuncia al mondo la creazione di 15 nuovi cardinali, tra cui anche il vescovo di Hong Kong, monsignor Joseph Zen Zekiun, di 74 anni. Due anni più tardi, nel 2008, il Papa affida al Card. Zen il compito di redigere i testi della Via Crucis del venerdì Santo, che, come da tradizione, si snoda per il Colosseo.

Nato e vissuto negli anni della fanciullezza a Shangai, in concomitanza con l’arrivo al potere dei maoisti la famiglia manda Joseph ad Hong Kong per coltivare in tranquillità la sua vocazione sacerdotale. A Shangai intanto infuria la repressione comunista.

Grazie alla comunità salesiana che si occupa dell’educazione dei ragazzi, Joseph Zen ha studiato per lunghi anni in Italia, a Torino, dove si è impregnato di quei valori umani e religiosi che si sforza di difendere (ormai da molti anni a questa parte) in favore di Hong Kong e della Cina.

Il giornalista Dorian Malovic, già corrispondente da Hong Kong e responsabile del settore "Asia" per il quotidiano francese La Croix, ha intervistato il Card. Zen su passato, presente e futuro della Repubblica Popolare di Cina e sull’atteggiamento del suo governo nei confronti della Chiesa e dei cristiani. Ne è nato un libro pubblicato in Italia dalle Edizioni San Paolo.

L’intervista al Card. Zen copre la prima parte del libro; nella seconda – Prospettive – viene offerta al lettore una panoramica sulle attuali condizioni dei cristiani di Cina. Chiudono il volume un’interessante cronologia riguardante i più salienti eventi politici della Cina e di Hong Kong e, in appendice, una nuova intervista al Card. Zen realizzata da Gerolamo Fazzini (missionario del PIME – Pontificio Istituto Missioni Estere –, nonché direttore editoriale della rivista "Mondo e Missione"), all’indomani della pubblicazione della Lettera ai vescovi, ai presbiteri, alle persone consacrate e ai fedeli laici della Chiesa cattolica nella Repubblica Popolare cinese, firmata da Benedetto XVI il 27 maggio 2007 (il giorno di Pentecoste).

Il Card. Zen è stato un testimone privilegiato della condizione della Chiesa nella Repubblica Popolare di Cina: nel 1989 ebbe il permesso di andare ad insegnare da Hong Kong a Shangai (sua città natale), nel seminario di Sheshan, dove non solo mancavano le opere teologiche fondamentali ma perfino la Bibbia. Ovviamente si trattava di un seminario gestito dalla Chiesa patriottica, quella cioè controllata da membri addetti all’Ufficio Affari Religiosi del regime comunista. I preti della Chiesa cosiddetta "sotterranea" o "clandestina", invece, entravano ed uscivano (quando andava bene) di prigione: "Nessuno poteva esprimere la propria fedeltà al Papa o al Vaticano, pena il ritorno in prigione." (pag. 45). Nonostante la stretta sorveglianza, il Card. Zen nei suoi anni di pendolarismo fra Hong Kong e la Cina continentale (1989-1996) riuscì ad incontrare anche esponenti della Chiesa clandestina: le autorità cinesi non impedirono tali incontri perché in quel momento desideravano dimostrare all’opinione pubblica internazionale che rispettavano la libertà religiosa. Questi sacerdoti celebravano messa nelle loro abitazioni private, e dovevano evitare di esporsi in qualunque modo all’esterno, pena il ritorno in prigione.

Non mancò chi in quegli anni accusò il Card. Zen di collaborare con le autorità comuniste. Ma, ribatte Zen nel corso dell’intervista: "… In quel frangente preciso il mio dovere non era di parlare forte e chiaro, denunciare o criticare. Bisognava lavorare, osservare e comprendere una nuova realtà." (pag. 62). E poi, come più volte il cardinale ribadisce nel corso dell’intervista, all’interno della Chiesa patriottica ci sono molti fedeli sinceramente leali al Papa e alla comunione universale, e spesso, soprattutto a livello di base, una separazione netta fra Chiesa patriottica e Chiesa clandestina risulta alquanto difficile. Con la recente Lettera ai Cattolici della Repubblica Popolare di Cina Benedetto XVI ha eliminato il divieto di concelebrare che colpiva i preti della Chiesa ufficiale; permane invece tale divieto per i vescovi della Chiesa ufficiale, anche se "… quasi tutti i vescovi, anche all’interno della comunità ufficiale, sono con il Papa…" (pag. 131). D’altronde la maggior parte dei vescovi della Chiesa ufficiale oggi è ufficialmente riconosciuta dal Vaticano.

Certo è che, finito il tempo di "lavorare, osservare e comprendere", il Card. Zen ha iniziato a parlare, e a quel punto lo ha fatto senza peli sulla lingua, senza diplomazia, appunto; e ciò gli è costato il divieto di rientrare nella Cina continentale.

Il Cardinale Zen non ha dimenticato mai di aver vissuto la maggior parte della sua vita in una colonia britannica dove le libertà individuali erano garantite, contrariamente a parte della sua famiglia e ai suoi fratelli della Cina continentale, imprigionati dal maoismo per più di trent’anni.

Ma il 1° luglio 1997 Hong Kong cessava di essere una colonia britannica di Sua maestà ed entrava a far parte della Repubblica Popolare di Cina. Per la diocesi più grande del mondo (con i suoi 250.000 fedeli cattolici su 7 milioni di abitanti) si aprivano gli stessi interrogativi e le medesime inquietudini degli altri concittadini: fino a che punto si sarebbe rivelata vera la promessa cinese di "un Paese, due sistemi"? Davvero sarebbe rimasto inalterato il libero sistema amministrativo ed economico della Città-Stato?

Di fatto il Consiglio Legislativo (il vecchio "parlamento" di Hong Kong), nel corso di questi dieci anni è stato esautorato dalle sue prerogative a vantaggio di ricchissimi uomini d’affari, non eletti dalla cittadinanza, ma imposti da Pechino. Anche il capo dell’esecutivo non è eletto dal popolo ma designato dal partito comunista attraverso un cartello di grandi elettori, in maggioranza grandi proprietari di imprese, anch’essi selezionati da Pechino. Nel 2003 la Cina ha fatto pressioni sul governo locale con lo scopo di far approvare una legge chiamata "antisovversione". Dietro questo titolo, che rinvia agli anni più neri del comunismo maoista, si può leggere la possibilità per i servizi di polizia locale di arrestare qualsiasi cittadino in maniera arbitraria, metterlo in prigione e condannarlo al minimo sospetto di "pericolo per la stabilità della società". Tale normativa, commenta il giornalista Dorian Malovic, "… non poteva che spaventare sette milioni di abitanti, la maggioranza dei quali scappata dal regime comunista dal 1949." (pag. 72). Un’altra azione insidiosa svolta da Pechino nei confronti di Hong Kong riguarda il tentativo di "democratizzare" le scuole cristiane, tramite l’imposizione di comitati di gestione legati al regime. Si tratta così di intervenire pesantemente sul sistema scolastico della città, visto che le scuole cristiane rappresentano quasi la metà di tutti gli istituti scolastici della ex colonia britannica. Quanto alla libertà di pensiero, se è vero che in questo decennio le varie manifestazioni di protesta non sono state represse con la violenza, è anche vero che nei mass media si respira una pericolosa aria di autocensura: che poi è la censura nella sua forma peggiore. Anche fra la gente comune di Hong Kong, riferisce Zen, comincia ad insinuarsi la sfiducia e la rassegnazione dinanzi alla forza poliziesca ed economica dispiegata dal Grande Fratello di Pechino …

Grazie alla sua conoscenza diretta di quanto avviene nella Cina continentale, il Card. Zen si è battuto e si batte ancora contro le manipolazioni politiche della Repubblica Popolare, che da oltre dieci anni a questa parte cerca di controllare la gente di Hong Kong, come già i dodici milioni di cattolici presenti in Cina (che costituiscono circa l’1% della popolazione): "Di fronte a questa repressione malvagia di Pechino, il cardinale Zen si mette in gioco, parla, denuncia, accusa. A Hong Kong sa di poter disporre di quella libertà per fare tutto ciò, mentre sulla Cina continentale questo è sempre impossibile … Sebbene gli sia stato vietato di recarsi in Cina a causa delle sue prese di posizione giudicate "sovversive" e anticinesi, conduce coraggiosamente la sua battaglia da Hong Kong e informa il Vaticano sulla realtà della Cina che egli conosce bene." (pagg. 6 e 7).

Ecco allora la realtà sulla Cina cattolica: gli appartenenti alla Chiesa clandestina raggiungerebbero quasi il 70 % di tutti i cattolici cinesi, con una cinquantina di vescovi a fronte dei 79 "vescovi ufficiali", quasi tutti comunque ormai riconosciuti dal Vaticano. Oltre 1.300 seminaristi studiano nei 19 seminari maggiori della Cina continentale, con l’ approvazione del governo. Si stima che altri 800 seminaristi si formino invece in una decina di seminari clandestini. Nonostante dal 1980 si respiri un’aria di maggiore libertà religiosa, attualmente quasi una ventina di vescovi clandestini e altrettanti preti (ma le cifre ovviamente oscillano) sono tuttora detenuti. Analoghe restrizioni valgono per protestanti e gruppi evangelici.

Nell’ultima parte del libro, dedicata agli effetti della Lettera di Benedetto XVI ai Cattolici di Cina, il Card. Zen ridimensiona i facili entusiasmi relativi ad un’eventuale ricomposizione fra Chiesa ufficiale e Chiesa clandestina; anzi il rischio dello scisma purtroppo permane, visto che continuano le consacrazioni illegittime da parte della Chiesa ufficiale, senza cioè il beneplacito di Roma. Di conseguenza nella Lettera non vi è alcun incoraggiamento alla Chiesa clandestina di uscire allo scoperto. Inoltre, anche se nella Lettera il Santo Padre non ha espressamente menzionato i tanti credenti che oggi ancora soffrono in prigione, "…Benedetto XVI ha ben presente tutti costoro, sia quelli che nel passato sono stati perseguitati, sia quanti ancora oggi stanno soffrendo per la fede, talora a costo della vita." (pag. 135).

Roberto Cavallo
www.recensioni-storia.it




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