Una delle più importanti pagine dell’Insorgenza italiana, la lunga e sanguinosa sollevazione delle Marche pontificie nel 1799, è stata oggetto di discussione da parte di un folto gruppo di storici nella primavera del 1999. I vari interventi hanno cercato d’inquadrare i fatti un po’ sotto tutte le angolature possibili.
Si sono così ascoltate relazioni sia di carattere generale, sia interventi di storia di dettaglio e specializzata, sia, infine, di storia locale.
Alla prima categoria appartengono senz’altro la comunicazione di Paolo Martinucci, del nostro Istituto, che — nel suo intervento
L’Insorgenza italiana nel triennio giaicobino: i fatti e le interpretazioni (pp. 83-96) — si è soffermato a tracciare un quadro d’insieme dell’Insorgenza in Italia, utile per collocare nella giusta prospettiva l’episodio maceratese. Scoppiata già nel 1796 e durata quasi ininterrottamente fino alla vigilia delle sconfitte francesi della primavera del 1799, l’Insorgenza delle Marche costituisce un teatro d’azione dove si scontrano e si mescolano un po’ tutti i protagonisti di quegli anni — i francesi, le milizie repubblicane italiane, il popolo in rivolta, le armi asburgiche, inglesi, napoletane e perfino turche, i municipi lealisti e quelli repubblicani, i governi repubblicani «giacobini», i quadri dello Stato pontificio — e in cui si ritrovano buona parte dei caratteri che fecero della rivolta anti-napoleonica e contro-rivoluzionaria sul suolo italiano allo stesso tempo un
unicum e un classico.
Ulteriore cornice ai fatti, scendendo di un grado nella scala geografica, hanno fornito la relazione di apertura di Dante Cecchi —
Le Marche nella Repubblica romana: gli assetti istituzionali e le dinamiche politiche (pp. 9-22) — e gl’interventi di Renzo Paci —
Economia e società nelle Marche di fine Settecento (pp. 23-48) — e di Fabiano Giorgini —
La Repubblica romana e la Chiesa marchigiana (pp. 49-72).
Alla seconda categoria appartengono senz’altro la relazione di Virgilio Ilàri e Piero Crociani
— Aspetti militari della Repubblica romana (pp. 73-82) —, che ha il merito di iniziare a restituire un volto, rimasto troppo a lungo oscurato — al pari di quello delle formazioni insorgenti — alle forze armate repubblicane che combatterono contro gl’insorti marchigiani; di Sandro Baldoncini,
Nota per il Carlo e Celestina
di Luigi Dasti (pp. 303-314) e, infine, di Maria Grazia Pancaldi
Insorgenza e terremoto nel 1799 (pp. 291-302).
Ma il «grosso» del convegno, ossia la parte più importante e densa ai fini della ricostruzione di un profilo fedele degli eventi e di una loro interpretazione è il corposo — quasi duecento pagine — intervento, un vero e proprio «libro nel libro», di Sandro Petrucci, corrispondente marchigiano del nostro Istituto e uno dei massimi conoscitori dell’Insorgenza nelle Marche. Già autore del denso volume
Insorgenti Marchigiani. Il Trattato di Tolentino e i moti antifrancesi del 1797 (con una prefazione di Marco Tangheroni, SICO, Macerata 1996), Petrucci ha trattato il tema
L’Insorgenza marchigiana del 1799: sviluppi e caratteri (pp. 97-281). Prodotto di anni di sagaci ricerche, lo studio di Sandro Petrucci, tocca un po’ tutti gli aspetti, anche quelli problematici — partendo dal nome di «insorgenti» fino alla controversa figura del generale Giuseppe de la Hoz Ortiz (1769(?)-1799) —, della vicenda. Non solo: ma svolge anche un’ampia narrazione di dettaglio, teatro per teatro, del conflitto — di cui vengono fornite due mappe d’insieme —che si svolge nelle valli e comunità marchigiane. Non dimentichiamo che le province in cui si divideva l’Italia di antico regime — ma forse ancora quella di oggi — presentavano notevoli differenze di tradizioni e di storia. Il lavoro di Petrucci considera le premesse generali e gli sviluppi politici e strategici dell’Insorgenza, ne individua le peculiarità, ne descrive esaurientemente i momenti più forti — come il saccheggio di Macerata e gli assedi delle piazzeforti di San Leo e di Ancona, dove si erano asserragliate le truppe francesi —, i legami fra gl’insorgenti marchigiani e le altre Italie insorte e si sofferma anche sull’identità dei protagonisti: l’esercito insorgente, le cosiddette «masse», e i «capi-massa», i
leader delle milizie popolari, sulla cui testa, nelle Marche come altrove, per colpa di una storiografia faziosa, grava il tenebroso e ambiguo epiteto di «brigante».
A completamento di questa autentica pietra miliare degli studi sulle Marche in età «giacobina» stanno gl’interventi di Alessandra Sfrappini —
I giorni della battaglia e del sacco (pp. 281-290), che riscostruisce le battaglie, l’assedio francese e il tragico saccheggio di Macerata sulla scorta di documenti maceratesi inediti — e di Enzo Calcaterra su
Giuseppe La Hoz: capo dell’Insorgenza o degli Indipendentisti? (pp. 315-360), che affronta in dettaglio e con cognizione di causa una faccia delle più importanti, non solo ai fini della biografia di un personaggio-chiave del periodo «giacobino», tanto controverso quanto poco noto, ma anche alla comprensione del rapporto fra aspirazioni politiche italiane e realtà dello scontro strategico tra Francia e Asburgo e fra Rivoluzione e Contro-Rivoluzione, del prisma dell’Italia nel Triennio Giacobino. Mentre la relazione, anch’essa corposa e ricca di documentazione di prima mano — in appendice al testo della relazione figurano ben 41 documenti e 14 illustrazioni —, di Rossano Cicconi —
Giuseppe Vanni nella documentazione caldarolese (pp. 361-464) — getta luce su uno dei protagonisti dell’Insorgenza maceratese, Giuseppe Vanni (1763-1808), capo-insorgente di Caldarola, passato poi al servizio del re di Napoli e fucilato dai francesi in Piazza del Popolo a Roma, durante la loro seconda conquista dello Stato della Chiesa nel 1808, contribuendo così idealmente a quel dizionario dei personaggi dell’Insorgenza, ma anche dell’Italia fra Rivoluzione francese e «sanfedismo», la cui disponibilità è sempre più auspicabile.
L’ultimo intervento —
Padre Felice Rosetani e il sacco di Macerata (pp. 465-478), di padre Giuseppe Concetti, è dedicato alla figura di un autentico martire dell’Insorgenza popolare maceratese, il padre Felice Rositani (1726-1799), ucciso durante il saccheggio.
Le relazioni — quasi tutte, come si è visto, frutto di ricerche su testi originali e documenti inediti e corredate di adeguato apparato critico e non di rado di bibliografia — che compongono il grosso volume degli
Atti dell’incontro, apparso lo scorso autunno 2001, costituiscono una pietra miliare nello «scavo» storico intorno al periodo napoleonico nelle Marche e un sussidio indispensabile per chiunque voglia proseguire il filone di studi cui il convegno del 1999 ha costituito un momento significativo.
Oscar Sanguinetti